IL PALLOTTOLIERE

RACCONTO DI Edoardo Passone
 
2° classificato al 1° contest LA LETTERA MATTA
-



C'eravamo io, Johnny MacKelly e Ted Fante quando Paul Rico si accorse che c'era qualcosa che non andava.
«Dev'essere il mio pallottoliere» disse facendoselo girare tra le mani «Mi sembra non funzioni più tanto bene».
Era un bel pallottoliere, quello di Paul Rico. Di legno scuro, forse ebano, con guide di rame lucente e calcoli in marmo lucido, era uno di quegli oggetti che così non si fan più al giorno d'oggi, sosteneva Rico. E forse aveva ragione. Era davvero un oggetto notevole. Probabilmente valeva anche qualcosa. Non che Paul volesse venderlo, gli piaceva troppo e, negli anni, vi si era anche affezionato.
«Ha qualcosa che non va con le decine» alzò l'oggetto e lo frappose tra se ed il sole «Vedete? Sembrano più leggere del solito».
Così io, Johnny MacKelly e Ted Fante ci avvicinammo a Paul Rico, socchiudemmo gli occhi ed osservammo i calcoli delle decine.
«Bah, a me sembrano come al solito» Affermò Ted tornando a mangiare il suo gelato.
Ted adorava il gelato. Si può dire che se Paul Rico aveva sempre tra le mani il pallottoliere, Ted Fante, per un motivo o per un altro, aveva sempre in bocca del gelato. Ovviamente alla nocciola. Era solito sgraffignare qualche spicciolo dal cappotto del padre per poi scendere fin da Thobias, il gelataio, per prendere il suo cono doppia nocciola. Lo adorava, non c'è molto da dire.
Al contrario di Rico, Ted non pensava che una volta facessero le cose meglio che oggi. “I gelati son sempre buoni” affermava solennemente.
«Tu non capisci un fico secco di pallottolieri» Sbotto Johnny prendendo per il braccio Paul.
C'è da dire che Johnny non aveva una qualche passione in particolare. Ma c'è comunque molto da dire su Johnny MacKelly. Che era irlandese, inanzi tutto. Potrà sembrare una cosa banale, ma per Johnny aveva la sua importanza. Andava in giro con l'aria fiera di chi l'Irlanda ce l'ha nel cuore. “Tu non puoi capire cosa voglia dire” era solito spiegare a chi aveva da ridire su quel suo amore “per me l'Irlanda è come per te...” e qui solitamente si fermava. Non riusciva mai a trovare un termine di paragone per la sua Irlanda. Johnny MacKelly era fermamente convinto che nessuno amasse una qualsiasi cosa come lui amava la sua Irlanda.
Vivevo ormai in Irlanda da quasi sei anni, e mai avevo incontrato nessun altro così fiero di esserci nato su quella verde isola.
«Effettivamente il terzo, il quarto ed il settimo calcolo stanno leggermente sbiadendo» Aggiunse Johnny MacKelly annuendo.
Paul, contando con il dito, allontanò dalle altre le tre pietre indicate da Johnny. Annuì dunque.
Non posso essere totalmente sicuro di quel che vidi, ma son sincero nel dire che mi parve di vedere una piccola lacrima solcare la guancia del piccolo Paul.
«È dunque l'ora?» Domandò abbracciando il suo pallottoliere.
«Son cose che capitano Paul» Johnny aveva gli occhi chiusi mentre parlava. I capelli rossi mossi dal delicato vento autunnale.
«Così impari ad affezionarti a qualcosa che può far quella fine» affermò saccente Ted Fante, mordicchiando i bordi del cono ormai vuoto.
Paul non rispose, trasse un lento sospiro ed annuì.
«Vieni, dai. È meglio portarlo subito al cimitero, prima che contagi qualcos'altro» Johnny avvolse le spalle di Paul con il suo esile braccio e lo condusse lungo la strada, verso il cimitero.
Le strade di Parkalley erano polverose e asciutte in quei giorni. L'autunno era giunto disinteressato, dopo un'estate violenta e soleggiata. La terra era secca ed arida e si respirava ancora l'aria d'Agosto, nonostante fossimo ai primi d'Ottobre.
Eravamo sul ponte di Villamette Street quando Paul si accorse del problema al pallottoliere. Per raggiungere il cimitero bisognava attraversare quasi tutta la città in diagonale. Ma Johnny, come spesso si vantava, c'era nato a Parkalley, in Irlanda (pare ci sia una Parkalley anche in Germania), e ne conosceva ogni strada. Con lui, raggiungere il cimitero sarebbe stato un gioco da ragazzi. Conosceva vie che ancora non erano state create e passaggi che nemmeno esistevano.
Imboccammo la Fountain Road e lì, in un vicolo cieco tra i negozi, Johnny MacKelly spostò due bidoni dell'immondizia e svelò uno stretto passaggio coperto da uno straccio consunto.
Attraversammo una strettoia e salimmo una scala di legno. Saltammo da un tetto all'altro e ci divincolammo tra quelle che mi parvero liane e ragnatele.
Johnny conosceva davvero bene Parkalley. Delle volte sarebbe stato meglio che la conoscesse un po' meno.
Così, dopo meno di un'ora di rocambolesco cammino, giungemmo in prossimità del cimitero.
Già da lontano si poteva vedere la roulotte del guardiano, parcheggiata proprio davanti all'ingresso. I neri cancelli sbucavano appena al disopra della carrozzeria lattiginosa dell'abitazione di quel burbero individuo. Lui, come al suo solito, era seduto su una piccola sedia, simile a quelle presenti in un po' tutte le scuole. Tra le mani stringeva un libro chiuso e al collo pendeva la sua chiave.
Quando ci vide, posò il libro a terra e ci venne in contro.
«Cosa vi porta qui» esordì.
Paul fece per parlare, ma Johnny fece un passo in avanti e lo interruppe «Il suo pallottoliere, lui è Paul Rico, inizia a scomparire».
Il guardiano tese l'ossuta mano verso Paul, che gli consegnò l'oggetto in questione.
Come prima aveva fatto Rico, ora lo scheletrico custode del cimitero osservò l'oggetto controluce.
«Effettivamente la terza, la quarta e la settima pietra della seconda linea sono in un avanzato stato di smarrimento» abbassò lo sguardo su Paul «Mi spiace ragazzo, ma non c'è più nulla da fare».
Paul abbassò il capo. Due gocce caddero al suolo tra i suoi piedi, bagnando impercettibilmente la terra rossastra.
«Mi spiace Paul» convenne Johnny.

Il guardiano portò Paul, e Paul soltanto, all'interno del cimitero. Noi restammo fuori, Johnny si sedette per terra.
«Certo che arriva sempre quando meno te lo aspetti» disse Johnny senza alzare lo sguardo dallo scarabocchio che stava tracciando sulla terra «Chissà poi perché il pallottoliere di Paul. Per carità, ho visto centinaia di persone perdere qualcosa allo stesso modo. L'anno scorso mio zio Fred ha perso uno dei suoi migliori coltelli così. Ha persino chiuso la macelleria per mezza giornata in segno di rispetto per quella sua lama»
Ted annuì «Me lo ricordo, che ha chiuso la macelleria. Mio padre mi mandò a comprare la carne per Falf quel giorno. Dovemmo dargli il pane secco per cena.»
«Mi spiace» rispose distrattamente Johnny «È che la gente fa tanti progetti, ma non mette mai in conto lo smarrimento.»

Rimanemmo seduti in silenzio per quasi mezz'ora, poi il grande cancello cigolò e il guardiano uscì con Paul al seguito. Li vedemmo parlare. Paul annuì e poi ci raggiunse.
«Com'è stato?» domandò curioso Ted.
Paul si limitò a scuotere le spalle. Era turbato e si vedeva.
«Beh, ora torniamo a casa.» Disse Johnny chinandosi per raccogliere un piccola pietra «Ormai si è fatto tardi.»
Ted e Paul annuriono.
«Ma l'avete notato anche voi?» si voltò verso di me «Mi pare ci stia seguendo fin dal ponte...»
Johnny mi tirò la pietra che mi mancò.
Spaventato gracchiai e volai via.
-
L'autore. Nasce ad Alba nel 1988. Finiti gli studi presso il liceo scientifico della sua città cambia percorso, dedicandosi al disegno. Attualmente studia illustrazione a Torino.

Commenti

  1. Una limatina qua e là ci starebbe, l'esposizione potrebbe essere migliorata... ma questo racconto ha il pregio di essere interessante e coinvolgente più di altri. Le descrizioni non annoiano e riescono a portare il lettore nel mezzo della scena; i personaggi, per quanto si tratti di un racconto breve, sono ben caratterizzati; il discorso diretto è credibile, non stereotipato; la storia è originale; il finale riesce a sorprendere, a lasciare piacevolmete perplesso chi legge.
    Ciao ciao,
    Kito.

    RispondiElimina
  2. Bravo Edoardo,hai molta fantasia! Bella la descrizione dei personaggi ed anche il finale a sorpresa.

    Giuliana

    RispondiElimina
  3. bravo edoardo. mi è piaciuto molto il tuo racconto e specialmente il finale a sospresa.

    RispondiElimina
  4. Inserisco un commento inviatoci via mail da parte di Albertina Guglielmetti:
    "Di questo racconto ho apprezzato lo stile, forse memore di letture americane ( è un caso che uno dei protagonisti si chiami Fante?).
    Al di là della storia raccontata, pur accattivante, ciò che mi ha colpito favorevolmente sono i dialoghi vivaci e realistici e soprattutto il ritmo della narrazione, che si apprezza se si legge il racconto ad alta voce".

    RispondiElimina
  5. Straordinario, complimenti.
    Ottima padronanza del testo e delle parole.

    RispondiElimina
  6. Un bel racconto, descrizioni azzeccate e ritmo incalzante. Forse la caratterizzazione dei nomi stranieri non serve davvero (perché il racconto potrebbe essere ugualmente ambientato altrove rispetto all'Irlanda), però complessivamente mi è piaciuto.
    Alessandro Morelli

    RispondiElimina
  7. Complimenti, hai un grandissimo talento! Ce ne sono pochi di scrittori così talentuosi.
    Margherita Daraio

    RispondiElimina
  8. Stupendo. Ben scritto e avvincente. peccato che i finali siano sempre così difficili, questo fa cadere un grande racconto!

    RispondiElimina
  9. Un stile di scrittura frizzante e divertente, e un racconto ben diretto. Complimenti davvero.
    Jessica Pompili.

    RispondiElimina
  10. Anch'io ho apprezzato i dialoghi, perché molto accattivanti. Nel racconto ci sono elementi descrittivi di ottima fattura e si crea una misto di divertimento e curiosità che accompagna il lettore fino alla fine. Unica annotazione: il finale mi lascia un po' di curiosità morbosa. Me lo immaginavo più risolutivo.
    Rosanna Fontana

    RispondiElimina
  11. Ho apprezzato lo stile e il ritmo incalzante è difficile descrivere i personaggi senza annoiare un po' il lettore ma tutto sommato un buon racconto, complimenti.

    RispondiElimina
  12. Credo che Edoardo abbia un gran talento. Descrizioni veloci, ma efficaci. Storia accattivante.
    Alessandra Portici

    RispondiElimina
  13. In principio mi è piaciuto. L'ho trovato abbastanza coinvolgente nel contesto e nella descrizione dei personaggi e dei luoghi. Ma il finale mi ha lasciato un po' con l'amaro in bocca: mi aspettavo una metafora più chiara riguardo al bambino che c'è in noi e che un giorno svanisce d'improvviso, così come cambia il modo che abbiamo di vedere le cose non più con gli stessi colori ed emozioni (il pallottoliere sbiadito e seppellito).
    Insomma, la sassata e il corvo che vola via non mi convince. Avrei preferito un finale meno strano e sbrigativo.
    Però bravo comunque :)

    RispondiElimina
  14. Inserisco un commento inviato tramite e-mail da Matteo Bassioni:
    "Un buon testo. Ha il pregio di mantenersi costante, non ci sono sbalzi sgradevoli alla lettura. Il discorso diretto è ben costruito e non è poco. Direi molto valida la caratterizzazione di Johnny l'irlandese. Un pò più incerto mi sembra il finale che, così come lo stile, poteva essere curato maggiormente. La morale non è immediata: questo potrebbe essere un pregio (non banale), ma per alcuni lettori potrebbe risultare troppo nascosta.
    I miei complimenti, ho letto volentieri."

    RispondiElimina

Posta un commento