Le letture dell'aspirante scrittore.

Navigando su internet mi sono imbattuto in una domanda posta da un utente. Non ricordo con esattezza le parole usate, ma a occhio e croce la cosa suonava così:

Premetto: leggo poco! Che libro/libri bisogna leggere per imparare a scrivere meglio?

Ah, mamma mia! Come se l’aver sfogliato una mezza dozzina tra romanzi e manuali possa trasformare in scrittore chiunque!
Mettiamo subito in chiaro una cosa: non esiste un libro che vi farà diventare autori eccellenti.
Volete sapere cosa non può mancare al baglio di letture di un aspirante scrittore? Una vagonata di libri di narrativa, ecco cosa.
Uno scrittore si forma su testi di altri, osservando come si sono mossi i "grandi" in situazioni di scrittura che prima o poi capiteranno anche a lui. Più l’aspirante autore legge, più aumenteranno le sue competenze.
Preciso subito che uno scrittore legge in modo un po’ diverso da un qualunque lettore: quest’ultimo si accontenta di leggere la “storia” narrata, mentre il secondo, oltre a leggere la storia, leggerà la scrittura.

Che vantaggi porta il "leggere la scrittura"? Per esempio, oltre a una miriade di altre cose, si possono vedere quali parole sono state usate (e come) in un dato romanzo per rendere un'immagine forte, veloce e limpida al contempo.
Per capirci, leggendo M. Richler ho scoperto un nuovo uso della parola "ciondolare": nel libro La versione di Barney questa parola viene usata al posto di "passeggiare", e l'intuizione è ottima perchè non dice semplicemente che il personaggio "cammina", ma anche che è mezzo ubriaco, che sta spendendo il suo tempo a vuoto, che non è composto nel suo camminare… e il tutto in un solo, azzeccatissimo, vocabolo. Allo stesso modo John Fante e C. R. Zafòn mi hanno insegnato che un sorriso può non essere necessariamente gioioso, che può nascondere dell’altro: un personaggio del primo presenta un ‘sorriso fratturato’, uno del secondo ‘un sorriso dolente’. Potrei allungare l’elenco all’infinito, ma sono sicuro che avete capito di cosa sto parlando.

Altra cosetta da mettere in chiaro: le vostre letture non si devono fermare ai “grandi della narrativa”. Dato che nella maggioranza dei casi a pubblicare emergenti sono piccoli editori sarebbe utile capire cosa danno alle stampe questi signori, magari acquistando un loro ramanzo. Presumibilmente anche qui troverete cose interessanti riguardo la scrittura, inoltre, potrete confrontarvi con lo stile dell’autore pubblicato. Siete in grado di scrivere meglio di lui? E allora cosa aspettate a proporre il vostro manoscritto a quell’editore?!

Non è finita qui: ci sono pure le letture utili al testo che state scrivendo. Se il vostro libro è ambientato nella Roma del 1200, dovrete conoscere più che bene come si svolgeva la vita in detta città nel periodo di riferimento. Come? Leggendo un saggio sulla Roma del 1200.
Per tanto, non è una lettura in particolare che forma un autore, ma il gigantesco insieme di libri letti da cui egli ha imparato qualcosina.
Un autore che legge poco non è uno scrittore (gli scrittori adorano leggere e migliorare il proprio stile attraverso le letture), ma un presuntuoso, un illuso, un vanitoso.
Leggere! Leggere! Leggere!

Commenti

  1. "LEggere per scrivere" è un ottimo libro che parla dell'argomento.

    RispondiElimina
  2. Grazie per il suggerimento, Occhi di Notte.

    RispondiElimina
  3. Vi amo, persone che emanate pillole di saggezza; e servite a chi come me, attraverso i Vostri suggerimenti, migliora,giorno dopo giorno, il proprio percorso di scrittura. Generosità talvolta gratuita...
    Grazie Dijana

    RispondiElimina
  4. Grazie a te, che gironzoli su Lettere Matte.

    ;0)

    Un salutissimo,

    Kito.

    RispondiElimina
  5. Grazie per il "ciondolare". Mi hai fatto ricordare mia madre, che lo usava di frequente. Credo che sia l'esatto corrispondente dell'inglese "hanging around".
    Mi farebbe paura chi pretendesse di scrivere senza aver letto molto.

    RispondiElimina
  6. e' vero!
    quando leggo un libro ben scritto, riconosco che ha un "suono" tutto suo, frutto della scelta delle parole, della punteggiatura che letteralmente ne fa il movimento.
    Ciò che alla fine mi resta impresso, non è la storia in sè, ma una frase, una descrizione. E, a distanza di tempo, è la memoria di quella frase, del colore o immagine che mi ha colpito, che resta.
    E' vero: chi scrive non legge solo la storia, ma la scrittura in sè.
    Kico, sto leggendo ora i tuoi post.
    sei un'anima affine, che bello!
    Annalisa

    RispondiElimina
  7. Kito, non Kico, scusa ho sbagliato!

    RispondiElimina

Posta un commento