Racconto di Elisa Rolfo
-
L'autrice: nasce a Torino nel 1980. Inizia nei primi anni Novanta a dedicarsi al teatro. Nel 1999 consegue il diploma presso la scuola di recitazione Teatranza Artedrama di Moncalieri (TO). Dal 2000 al 2004 partecipa in qualità di attrice e aiuto regista a diverse produzioni di compagnie di Torino e cintura. Collabora, dall’anno 2000 all’anno 2002, all’organizzazione del Festival Internazionale delle Arti Teatrali Theatropolisdi Moncalieri. Nel 2003 lavora come insegnante di dizione e interpretazione presso la scuola di danza Emozioni in Movimento di Torino. Svolge inoltre, nello stesso periodo, lavori saltuari per l’agenzia Fashion Team di Torino, in qualità di modella e presentatrice. Dal 2005 collabora all’organizzazione di eventi con varie associazioni culturali e artistiche. In particolare, con l’associazione culturale Mosaico di Natalia Casorati, per il festival di danza contemporanea Interplay; con l’associazione culturale Yoshin Ryu, per la mostra L’ombra del guerriero; con il Comune di Pino Torinese (TO), per il Pino jazz Festival.
Immagine "Lunar Cross" di bbusschots sotto licenza CC by-nc-nd 2.0 disponibile a questa pagina http://www.flickr.com/photos/bbusschots/2612426795/
Mi chiamo Lucifero. E’ un
nome bizzarro, vagamente inquietante, ed è tutto ciò che mi ha lasciato mia
madre prima di abbandonarmi: il nome. Forse l’ha scelto per via del mio
sguardo. Anzi, è più che probabile sia proprio per quello: «ha gli occhi di un
diavolo» furono le prime parole che disse quando venni al mondo.
Sono
cresciuto solo, ho imparato a cavarmela molto presto e soltanto il mio
carattere schivo mi ha salvato da incontri pericolosi. Ho conosciuto la paura,
ma non ho mai pianto.
Spesso
la gente mi scansava, qualcuno ogni tanto mi offriva accoglienza, io accettavo,
ma poi me ne andavo. Ho sempre pensato che la solitudine fosse il prezzo da
pagare per la libertà, il solo prezzo possibile.
Soltanto
una volta ho avuto la tentazione di fermarmi, quell’unica volta che m’è parso
di sentire odore di casa e ho visto posarsi su di me sguardi carichi di
qualcosa che non conoscevo, ma che sapeva
di buono. Ma è durata lo spazio di un istante, poi è subentrata la paura
dell’abitudine, del legame. Sono scappato, per non tornare mai più. Ricordo,
mentre mi allontanavo, qualcosa che chiudeva la gola. Ma non ho pianto, neppure
quella volta.
Rubare è un’ arte che in
molti mi invidiano; sono silenzioso e invisibile, soprattutto, sono veloce. C’è
un trucco per correre più veloce e più a lungo: evitare, per quanto possibile,
di guardare avanti; tenere lo sguardo fisso al suolo, sull’asfalto. Misurare la
distanza che rimane da percorrere è uno spreco di energia e il fiato viene a
mancare prima.
Ho collezionato diverse
conoscenze utili, nessun vero amico. Anche l’amicizia, a suo modo, è un
vincolo. I miei amori durano lo spazio di una notte. Qualcuna, quando l’ho
lasciata, piangeva; io correvo via, nulla mi dà più fastidio delle lacrime,
sono fastidiose e stupide e non servono a niente.
Mi piace la città, i
vicoli, i viali e i muri delle case, barriere protettive pullulanti di voci e
rumori; ora neppure i mostri che la popolano mi fanno più paura: ho imparato a
riconoscerli da lontano e scansarli, sembra strano, ma se si sta loro alla
larga pare non facciano del male. Soprattutto, mi piacciono i parchi, con le
panchine e i prati verdi e le piante disposte in fila. Ho sempre amato gli
alberi, mi incuriosisce vederli mutare con le stagioni, studiare le forme
diverse delle foglie. Da piccolo, mi divertivo ad arrampicarmi, ero diventato
bravissimo. Talvolta trovavo qualcuno con cui fare a gara a chi arrivava primo
in cima. Vincevo sempre io, anche contro i più grandi.
Tutto sommato, sono stato
capace di costruirmi una vita discreta, in cui nulla mancava, tutto era al suo
posto. Finché non ho incrociato quegli occhi verdi. Ogni dettaglio intorno è
sbiadito in una meravigliosa confusione di colori, dove soltanto si
distingueva, nitida, la figura di lei. Sono bastati pochi istanti, per avere la
certezza che, senza quegli occhi, tutto sarebbe mancato, nulla sarebbe stato al
suo posto, mai più.
Da allora, vago per le
strade senza una meta, se non quella, indefinita, corrispondente a qualsiasi
luogo in cui possa ritrovarla. Non so dare un nome a quello che mi succede
quando la penso. E’ un velo opaco che avvolge tutto quanto, e poi si scioglie
in tanti minuscoli cristalli liquidi. Per la prima volta, piango. Perché la
vorrei accanto, in ogni istante del giorno e della notte. Perché è tanto bella
che fa male. E improvvisamente la libertà mi sembra così piccola, e immensa la
mia solitudine. La fortuna sembra voltarmi le spalle, o forse, questa volta è
lei a correre più veloce di me.
Finché, una sera, accade
il miracolo. E’ una sera di primavera, è già buio, ma si sente nell’aria
quell’aroma carico di promesse che preannuncia la stagione calda. L’estate è
vicina, e lei è lì, a pochi metri da me, gli occhi verdi dolcissimi fissi nei
miei. Osservo un attimo il cielo, e la luna e le stelle mi paiono imperfette.
Rimango immobile, pietrificato, vorrei sapere che cosa fare, che cosa dire, ma
non importa, la guardo, questo mi basta, non voglio più smettere di guardarla.
Ma un rumore arriva a
spezzare l’incantesimo, un rumore noto, che si fa sempre più vicino. E’ un
mostro, è in fondo alla via, i suoi occhi mandano bagliori nell’oscurità. Lei
non si muove, ma posso sentire il suo terrore. E io devo difenderla, non posso
fare la figura del vigliacco di fronte alla cosa più preziosa che abbia mai
avuto accanto.
«Non aver paura» le
sussurro, tutto d’un fiato «io sconfiggerò il mostro, per te». Lei non risponde
nulla, ma sul suo volto mi sembra di intravedere una scintilla di ammirazione.
Spero soltanto che non si accorga che sto tremando.
Vado incontro alla
creatura mostruosa, con lo sguardo che vuol essere minaccioso e l’aria di chi
non ha nulla da perdere. Invece qualcosa da perdere stavolta ce l’ho, eccome,
perché rischio di non rivederla mai più. Il mostro urla, la sua voce è
terribile, spacca i timpani, ha uno sguardo che acceca e delle fauci enormi,
che sembrano non aspettare altro che inghiottirmi. Non devo pensare, so che pensare
in questi casi è sbagliato, bisogna lasciarsi andare all’istinto e combattere,
combattere con ogni mezzo. Raccolgo le mie energie e un ultimo residuo di
coraggio, e sferro l’attacco.
Un botto enorme, e mi
ritrovo a terra. Non riesco a muovere un muscolo e quasi non ci vedo più, ma
incredibilmente il mostro tace. Non un fiato, i suoi occhi sono spenti. L’ho
ucciso. Ho sconfitto il mostro, non importa a quale prezzo, ho sconfitto il
mostro per lei, ed è la miglior sensazione che abbia mai provato in tutta la
vita.
Forse ho le allucinazioni, ma mi sembra che il mostro stia parlando, ed è strano, non è la voce terribile di poco fa. E'una voce giovane, di ragazzo, e parla una lingua che non è la mia, ma che negli anni ho imparato a conoscere piuttosto bene. Le ultime cose che sento, prima che un telo nero cada a coprirmi gli occhi, sono un'imprecazione soffocata, e una frase: «Merda, ho investito un gatto».
Forse ho le allucinazioni, ma mi sembra che il mostro stia parlando, ed è strano, non è la voce terribile di poco fa. E'una voce giovane, di ragazzo, e parla una lingua che non è la mia, ma che negli anni ho imparato a conoscere piuttosto bene. Le ultime cose che sento, prima che un telo nero cada a coprirmi gli occhi, sono un'imprecazione soffocata, e una frase: «Merda, ho investito un gatto».
-
L'autrice: nasce a Torino nel 1980. Inizia nei primi anni Novanta a dedicarsi al teatro. Nel 1999 consegue il diploma presso la scuola di recitazione Teatranza Artedrama di Moncalieri (TO). Dal 2000 al 2004 partecipa in qualità di attrice e aiuto regista a diverse produzioni di compagnie di Torino e cintura. Collabora, dall’anno 2000 all’anno 2002, all’organizzazione del Festival Internazionale delle Arti Teatrali Theatropolisdi Moncalieri. Nel 2003 lavora come insegnante di dizione e interpretazione presso la scuola di danza Emozioni in Movimento di Torino. Svolge inoltre, nello stesso periodo, lavori saltuari per l’agenzia Fashion Team di Torino, in qualità di modella e presentatrice. Dal 2005 collabora all’organizzazione di eventi con varie associazioni culturali e artistiche. In particolare, con l’associazione culturale Mosaico di Natalia Casorati, per il festival di danza contemporanea Interplay; con l’associazione culturale Yoshin Ryu, per la mostra L’ombra del guerriero; con il Comune di Pino Torinese (TO), per il Pino jazz Festival.
Immagine "Lunar Cross" di bbusschots sotto licenza CC by-nc-nd 2.0 disponibile a questa pagina http://www.flickr.com/photos/bbusschots/2612426795/
La vita di una gatto randagio contemporaneo... In questo racconto l'obiettivo di catturare l'attenzione del lettore è svolto egregiamente dalla mancata identificazione iniziale del protagonista. Il lettore impiega metà della sua attenzione per capire a chi appartenga la voce narrante, arrivando dapprima a biasimarla per le sue scelte solitarie, per poi comprenderla.
RispondiEliminaGrazie Alessandro per esserci venuto a trovare e soprattutto per avere lasciato questo commento. Eh già...i punti di vista...hanno la forza di svelarci le diverse e intrecciate realtà.
RispondiEliminaUn abbraccio dalla "letterina matta".
Alessia
Inserisco un commento inviatoci via mail da parte di Anna Rita Lisco:
RispondiElimina"Racconto ben scritto e storia accattivante. Io cercherei di aggiungere qualche descrizione in più, ma nel contesto è scorrevole".
Cristian 8 aprile 2013
RispondiEliminaBel racconto, ben scritto. Azzeccata la scelta della prima persona e la quasi totale assenza di dialoghi. l'attenzione del lettore viene solleticata fino alla fine e la rivelazione dell'identità del protagonista è una doccia fredda che fa sorridere e rende più chiari una serie di passaggi all'interno del racconto.
Complimenti, bellissimo racconto. Scritto con un linguaggio semplice, scorrevole, diretto. Son rimasto curioso fino alla fine di sapere chi fosse il mostro e il protagonista. Quello che gli inglesi chiamano "mindfuck", assolutamente riuscito.
RispondiEliminaInserisco un commento inviatoci via e-mail da Giorgio Castellari:
RispondiElimina"Racconto ben riuscito, originale nel contenuto, scorrevole nella forma e sicuramente di piacevole lettura. Il finale a sorpresa colpisce positivamente il lettore, anche se qualcosa si poteva intuire nello svolgersi della vicenda o , forse, si doveva intuire con l’autrice che ci guida a scoprire la verità poco a poco".
Inserisco un commento inviatoci via e-mail da Marinella Maltagliati:
RispondiElimina"Quando si inizia a leggere, l’ultima cosa che ci si aspetta è quello che sarà il finale. Poi, quasi senza rendersene conto, si entra nella vicenda e nell’inconsueto personaggio. Racconto non banale, di piacevole lettura".
Bel racconto, breve e bilanciato che, attirando il lettore, lo porta in un mondo diverso con la 'soluzione' del mistero, ovviamente inattesa, che risulta comunque 'noir'.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaChe bel racconto. Non mi aspettavo proprio che il protagonista fosse un gatto. Mi piace la scelta della prima persona, che mostra solo il punto di vista del protagonista. Sono usate espressioni e parole che non fanno capire la natura dei protagonisti o del mostro.
RispondiEliminaFinale inatteso e molto provocante. Peccato per il gatto...
Alessia Nolli
Bellissimo racconto, incalzante e si legge tutto d'un fiato.Inoltre è originale e ben costruito.
RispondiEliminaIl racconto è molto bello: originale e ben costruito. E' stata anche descritta bene la natura felina.
RispondiEliminaElena Piccinini
Complimenti, penso che il racconto "LA SENTINELLA" di Fredrick Brown, sia tra le tue letture. L'effetto è riuscito benissimo.
RispondiEliminaContinua così. Ciao Giorgio Simoni.
Complimenti, molto ben scritto. Mantiene alta l'attenzione per tutto il racconto e la curiosità di capire che razza di personaggio è il protagonista. Prima di vederlo arrampicare sugli alberi mi era venuto il sospetto fosse un cane, forse perché il mio corre col muso per terra. Capisco il finale ad effetto, ma per il povero micio,speravo nell'eroe vincitore.
RispondiEliminaAncora complimenti Elso Avalle
Racconto che intriga e incuriosisce.Capacità narrativa notevole,le righe scorrono veloci,vuoi sapere di più, andare avanti senza fermarti. Vedi il viso di Lucifero, i suoi occhi, la sua freddezza trasformarsi poi in amore...Divertente la fine.Carinissimo.
RispondiEliminaDevo ammetterlo: la mia innata curiosità, simile a quella dei graziosi felini di cui qui si parla, mi ha spinto in maniera irresistibile a dare un'occhiatina fugace al finale della storia, prima ancora di iniziare a leggerla.
RispondiEliminaPartire dalla conclusione e tornare a ritroso, sulle orme degli spavaldi cuscinetti, protagonisti del racconto, non ha tolto nulla al crescendo di emozioni e turbamenti che la narrazione è in grado di suscitare.
La delusione, se mai ve ne sia stata una, è stata solo quella di constatare la pochezza dell'animo umano di fronte alla ricchezza di quello animale.
Nel momento più drammatico e culminante della vicenda, un'unica, meschina, espressione di disappunto, del tutto appropriata, ad una misera creatura, che avrebbe tanto da imparare, in fatto di tenacia, coraggio, passione e fedeltà, dal sorprendente mondo animale.
Complimenti, Mariachiara Moscoloni
Questo racconto più degli altri, ha catturato il mio interesse, forse per l'utilizzo della prima persona e del tempo presente. Finale inaspettato. Brava!
RispondiEliminaQuesto racconto più degli altri, ha catturato il mio interesse, forse per l'utilizzo della prima persona e del tempo presente. Finale inaspettato. Brava!
RispondiEliminada ARIANNA FABRIS
Avevo già postato il mio commento circa due mesi fa, tuttavia l'ho riletto molto volentieri perchè è originale e scritto bene.
RispondiEliminaElena Piccinini